Alimentazione ed Educazione alla salute
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​L’importanza del Microbiota per la nostra salute

Nel corpo umano sono almeno quattro gli ecosistemi microbici (microbiota) ben rappresentati e costituiti: intestinale, orofaringeo, cutaneo e vaginale. Ognuno di essi concorre al mantenimento dell’organo o distretto occupato attraverso meccanismi biochimici, enzimatici e di interazione microbica molto importanti e complessi.
In quello gastrointestinale, in particolare, vivono miliardi di microrganismi, a cui appartengono migliaia di specie batteriche, fungine e virali. Esso viene oggi considerato un organo vero e proprio con un contenuto microbico mille volte superiore a quello dei nostri neuroni (da qui l’espressione “secondo cervello”) e 10 volte superiore a tutte le cellule del nostro corpo.
La sua variabilità microbica è molto ampia e ancora poco conosciuta: il microbiota intestinale può essere considerato (come dimostrato da un’ampia letteratura) un vero “regista” capace di influenzare organi e funzioni del nostro corpo, anche a distanza. In particolare oltre all’intestino, gli organi influenzati sono: il cervello, l’apparato metabolico ed endocrino, l’apparato muscolo-scheletrico, ed anche la cute.
Tantissime, infatti, sono le correlazioni tra le alterazioni del microbiota intestinale e le malattie: dal diabete, all’obesità o alle allergie, per citarne solo alcune, come anche la suscettibilità alle infezioni.
Le funzioni svolte dai microrganismi del microbiota intestinale sono numerose e importanti per la salute del nostro intestino ma non solo. Essi infatti:
producono enzimi che favoriscono i processi digestivi producono vitamine come la vitamina K e le vitamine del gruppo B producono acidi grassi a catena corta che nutrono gli enterociti e mantengono integra la barriera intestinale producono sostanze ad azione anti-microbica che ci protegge dai microbi patogeni regolano la motilità del tubo digerente e la composizione delle feci regolano il pH dell’ambiente gastrointestinale modulano il sistema immunitario intestinale Oltre ai meccanismi sopracitati, e a quelli epigenetici e immunologici (interazione tra batteri e geni e interazione batteri e sistema immune umano), ne esiste un altro puramente fisico estremamente importante, che è il cosiddetto effetto barriera.
Un microbiota alterato nella numerosità e nella biodiversità  provoca un difetto di permeabilità delle cellule di molte mucose facendo perdere l’importante funzione di filtro. La prova più lampante si osserva a livello intestinale con la cosiddetta sindrome della permeabilità intestinale o leaky gut syndrome.
Un intestino, la cui microflora è alterata, presenta segni di sofferenza che si tramutano in un passaggio aberrante di micro e macromolecole attraverso le giunzioni cellulari che può innescare reazioni  immunologiche locali e sistemiche. Questa condizione è stata riscontrata in molte patologie e correlata a tutte quelle condizioni (diete, antibiotici, etc) che determinano una modifica del microbiota intestinale.
Sono varie e tante le patologie in cui una disbiosi intestinale (squilibrio quantitativo e qualitativo delle specie batteriche che vivono nell’intestino) causa un difetto di permeabilità: l’obesità e la sindrome metabolica, il diabete, le malattie intestinali (IBS, MICI), le atopie, nonché le patologie autoimmuni.
La maggioranza dei batteri simbionti che vivono nel nostro intestino si nutre di fibre alimentari che introduciamo con la dieta e che i batteri sono in grado di degradare, per nutrirsi, nei processi di fermentazione.
Ecco perché è importante avere un’alimentazione ricca di fibre (solubili e insolubili) che devono raggiungere i 30-35 g/die nella nostra alimentazione quotidiana (LARN 2016) e che troviamo in alimenti quali la frutta, la verdura, i cereali integrali e i legumi.
D’altra parte, una dieta ricca di grassi e zuccheri semplici crea un ambiente sfavorevole e dannoso per le specie di batteri benefici.
I probiotici (una volta definiti genericamente ''fermenti lattici'') sono integratori o alimenti contenenti microrganismi vivi che vengono assunti con l'obiettivo di modificare il microbiota intestinale, al fine di migliorare lo stato di salute dell'individuo o addirittura trattare una malattia. 
Oggi, innumerevoli ricerche scientifiche hanno ampiamente validato il loro razionale utilizzo, sia in termini preventivi sia in termini di trattamento, per la cura di diverse condizioni patologiche.
Secondo la definizione del Ministero della Sanità, per essere definiti probiotici, i microrganismi devono soddisfare i seguenti requisiti:
Essere sicuri per l’impiego umano senza causare effetti collaterali Essere resistenti a bassi pH, ai succhi gastrici e pancreatici Raggiungere il tratto gastrointestinale in condizione di vitalità ed essere attivi alle condizioni ambientali presenti a questo livello Essere in grado si colonizzare, almeno in modo temporaneo, il sistema gastrointestinale umano Nella scelta del probiotico da assumere è molto importante tenere in considerazione la quantità di microrganismi presente nella formulazione. Sulla base delle evidenze scientifiche disponibili, la quantità minima sufficiente per ottenere una temporanea colonizzazione dell’intestino da parte di un ceppo di fermento lattico è di almeno 1 miliardo (109) di cellule vive per ceppo e per giorno.
Un’alimentazione genuina e naturale è molto importante per un corretto equilibrio del microbiota. Infatti, l’assunzione di cibi grezzi, non raffinati o pastorizzati, un consumo ridotto di latticini e di zuccheri, un corretto apporto di cibi vegetali favoriscono l’instaurarsi e lo sviluppo di un microbiota più variegato e benefico.
Fin dai primi mesi di vita è importante seguire un’alimentazione che preveda il giusto apporto calorico, ma anche il giusto equilibrio della flora batterica intestinale, che può avvenire anche mediante l’assunzione di probiotici. L’allattamento al seno è un altro importante elemento nutrizionale: è ormai dimostrato che alcuni batteri probiotici sono in grado di passare dall’intestino al latte materno (circolo entero-mammario) e che una particolare attenzione alla propria alimentazione durante l’allattamento è in grado di influenzare positivamente le proprietà del latte materno.
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